
In risposta advert un evento epocale come gli attentati dell’11 settembre 2001, il regista M. Evening Shyamalan realizzò movie come Indicators, The Village e Girl within the Water, all’interno dei quali egli suggest attraverso allegorie un lucido ritratto di come gli Stati Uniti (e il mondo) stavano reagendo a story tragedia, dando voce alle paure che ne erano scaturite e suggerendo alcune possibili vie di guarigione. A distanza di circa 20 anni da quei movie, Shyamalan torna nuovamente a raccontare la società umana, sconvolta ora non solo dalle guerre ma anche dai cambiamenti climatici e dalla pandemia di Covid-19, con il movie Bussano alla porta, da lui anche scritto e distribuito in sala dal 2 febbraio dalla Common.
Si tratta non di un racconto originale quello proposto dal regista, bensì dell’adattamento del romanzo del 2018 La casa alla tremendous del mondo, di Paul G. Tremblay. Eppure, Shyamalan riesce perfettamente a trarne un movie sull’oggi, sulla paura dell’estraneo e sull’impatto che le scelte di ognuno di noi possono avere sul resto del mondo. Ed è proprio una scelta, a dir poco atroce, quella che sono chiamati a compiere Andrew (Jonathan Groff) ed Eric (Ben Aldridge), papà della piccola Wen (Kristen Cui). Quando un gruppo di quattro persone, tra cui spicca il muscoloso Leonard (Dave Bautista), si introduce in casa loro in modo tutt’altro che pacifico, i tre vengono infatti informati dell’arrivo di un’apocalisse, che può essere fermata solo con il sacrificio di uno di loro.
L’orrore oltre la soglia
Nel cinema di Shyamalan è ciò che non vediamo a spaventarci di più. Non fa eccezione questo suo Bussano alla porta, che porta lo spettatore advert essere confinato in una casa nel bosco insieme ai protagonisti. Il mondo esterno viene dunque advert essere escluso, mostrandosi unicamente attraverso le immagini dei telegiornali. La televisione diventa dunque finestra sull’esterno, proponendo immagini decisamente non dissimili da quelle che realmente passano tutti i giorni in TV o su qualunque altro dispositivo di questo tipo. Si tratta di una scelta coraggiosa per un movie incentrato su di un apocalisse imminente, eppure capiamo ben presto che non occorre vedere poi molto del mondo in rovina che viene raccontato per averne terrore.
Basta una breve descrizione di quanto sta accadendo per metterci in allarme e Shyamalan sa perfettamente che, in una società dove il flusso ininterrotto di immagini rende sempre più insensibili advert esse, mostrarne il meno possibile e lasciare dunque lo spettatore privo di riferimenti è ciò che davvero può generare paura. Restiamo dunque all’interno della casa, dove si decidono le sorti dell’innocente famiglia e dell’umanità intera. Un confinamento che non può che ricordare proprio quei tre titoli citati in apertura, a cui il regista sembra ispirarsi anche nell’utilizzo dell’allegoria alla base di Bussano alla porta, attraverso la quale parlare dell’umanità.
Bussano alla porta, un cupo e lucido movie sull’oggi
Nel corso del movie, dunque, in modo semplice e diretto, Shyamalan ci mette a confronto con ciò che siamo diventati e con ciò che potremo diventare se non vengono compiute le giuste scelte. La tensione è palpabile, sin dalle primissime scene, dove il giocare spensieratamente nel bosco di Wen viene interrotto dalla comparsa in scena di Leonard. Parlando proprio di quest’ultimo personaggio, difficile non accorgersi di quanto Dave Bautista si riveli un interprete capace di dar equilibrio agli opposti, non minimizzando la sua possenza ma anzi arricchendola dotando il suo Leonard di una gentilezza a cui non si è realmente pronti.
Tornando al movie, dall’arrivo dei quattro estranei sarà dunque un susseguirsi di attese, non detti e colpi di scena che accrescono sempre più il senso di agitazione, avendo poi sempre in mente la premessa di base, ovvero la scelta che i protagonisti dovranno prima o poi compiere. Chissà se similmente a The Village questo Bussano alla porta si affermerà come il miglior movie capace di raccontare il nostro contemporaneo, di certo si rivela un’opera coerente con la produzione precedente del regista, sia a livello estetico che tematico, offrendo una convincente evoluzione nella sua ricerca dell’essenza della società attuale.
Attraverso l’allegoria proposta con questo movie, Shyamalan ci invita infatti advert una riflessione sul valore delle scelte che compiamo ogni giorno, sull’importanza imprescindibile della fede e dell’amore, ma anche a ripensare il ruolo delle immagini e il loro peso sulla coscienza umana. Un movie estremamente lucido e importante, dunque, al quale si possono perdonare alcuni passaggi narrativi meno convincenti, e capace soprattutto di tenere con il fiato sospeso in modo intelligente e spingere lo spettatore advert una partecipazione attiva (cosa non frequente oramai), dal quale difficilmente si uscirà delusi. Ancora una volta, dunque, Shyamalan si conferma un magnifico narratore dei suoi (e nostri) tempi.
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