Life Upside Down, la recensione del movie con Bob Odenkirk

Life Upside Down period stato presentato alla scorsa edizione delle Giornate degli Autori durante la 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Si tratta del nuovo movie di Cecilia Miniucchi, cineasta italiana che lavora negli Stati Uniti, e che aveva inizialmente il titolo di Worlds Aside – Monti Lontani.

Interamente girato tra giugno e luglio 2020, in pieno lockdown, dagli stessi attori protagonisti della pellicola con i loro smartphone, pill e PC, è stato poi man mano montato dalla regista che guidava il forged tramite FaceTime. Dal 27 gennaio uscirà on demand e in sala in various città USA, tra cui Los Angeles e New York, e in Italia verrà distribuito a maggio da Genoma Movies.

I protagonisti di questa storia di (più o meno) vecchi ricordi da quarantena, sono Jonathan (Bob Odenkirk, celeberrimo per Higher Name Saul), Clarissa (Radha Mitchell), Paul (Danny Huston) e Rita (Rosie Fellner). Nella prima sequenza (che è l’unica, oltre all’ultima, advert essere stata girata all’aperto, in presenza) il gallerista Paul accoglie entusiasta la sua amante Clarissa, accompagnata dai suoi ricchi amici Paul e Rita, venuti a trovarlo in occasione di una nuova esposizione di opere nel grande spazio che ha affittato. La passione e la complicità con Clarissa sono al massimo, mentre la loro coppia di amici, per quanto sembri poco avvezza all’arte, sta per comprare un quadro dalla cifra esorbitante garantendo così a Jonathan un incasso coi fiocchi. Tutto sembra andare per il meglio, se non fosse che un’epidemia di proporzioni globali mette in ginocchio il mondo attorno e dentro di loro.

L’effetto generato dalle riprese ottenute con system mobili è naturalmente straniante, dal punto di vista dell’immagine, perché è chiaro che i colori e la fluidità risultino inevitabilmente freddi, quasi come se spiassimo gli attori da telecamere di sorveglianza. Tra l’altro Cecilia Miniucchi sceglie di far posizionare il punto di vista delle riprese tendenzialmente in basso, accentuando l’impressione di cogliere di sorpresa le scene a cui assistiamo, sensazione alla quale siamo ben abituati, quali continui spettatori di filmati amatoriali che guardiamo instancabili dai nostri telefoni.

Una volta blindati in casa i protagonisti, iniziano a innescarsi tutte le dinamiche che abbiamo imparato a conoscere molto bene, con fiumi d’inchiostro che si sono sprecati sulle riflessioni rispetto alle menzogne su cui costruiamo le nostre relazioni più intime (in primis verso noi stessi), e la quantità di idee che ci vengono per alienarci da esse.

Da una parte c’è la coppia composta da Paul e Rita: lui abbastanza più grande di lei, scrittore e intellettuale, lei affascinante, sportiva e giovanile, che inizieranno progressivamente a toccare con mano la distanza sostanziale tra loro e a riflettere su quale sia davvero il collante che li tiene insieme. Dall’altro lato, anzi: due, c’è Jonathan malvolentieri rinchiuso in casa con la moglie, e Clarissa, sola. Cercheranno in ogni modo di sentirsi in quei brevi ritagli di tempo tra la proverbiale passeggiata con il cane e il tragitto per buttare sacco dell’immondizia.

Quanti ricordi – e forse altrettanti incubi – lascia emergere Life Upside Down. È bello il coraggio creativo che Cecilia Miniucchi tira fuori e a cui dà vita insieme a questo piccolo forged di grandi attori. Riporta alla memoria tanti dei discorsi che abbiamo ascoltato e letto in ore e ore di calma (per chi ha avuto la grazia di non vivere l’emergenza in prima linea, chiaramente) e silenzi, quando riflettevamo sul senso delle nostre vite con un’ottica globale come forse mai prima di quei momenti period capitato. È quindi interessante fare un riepilogo di come stanno le cose a distanza di tre anni, perché le brevi storie dei quattro protagonisti di Life Upside Down sono identiche a quelle che ognuno di noi ha vissuto in quei mesi, quando ci siamo posti domande importanti senza però aver modo di sfuggire alle risposte.

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